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Le Grotte


tris

 

Situate nella valle del Brenta, in comune di Valstagna, le sorgenti dell’Oliero sono gli scarichi idrici più importanti del massiccio carsico dei Sette Comuni e le più grandi sorgenti valchiusane d’Europa. Le grotte attualmente aperte al pubblico sono quattro: dalle due più in basso scaturisce il fiume Oliero, mentre i due “covoli” superiori, antichi sbocchi delle medesime sorgenti, sono ora asciutti.
Una delle due grotte da cui sgorga il fiume Oliero, chiamato ‘Covol dei Siori’ o Grotta Parolini, prende il nome dal famoso botanico Alberto Parolini che lo rese accessibile al pubblico dal 1832. La visita a questa straordinaria grotta viene svolta in barca e accompagnati dalle Guide Naturalistiche Ambientali, è possibile scoprire e ammirare stalattiti e stalagmiti di 40.000 anni.

Nello stesso anno in cui il Parolini esplorò la grotta, vi introdusse – portandolo da Postumia (Slovenia) – il Proteus anguinus, anfibio cavernicolo molto lento e cieco, lungo circa 15 cm., di color rosa e provvisto permanentemente di branchie. Per oltre un secolo e mezzo si pensò che l’esperimento fosse fallito, e lo stesso Brentari scrisse che morirono. Invece, nel 1965, il Gruppo Speleo-idrologico Friulano ne individuò alcuni esemplari nei tratti sotterranei sia del Covol dei Siori che in quello dei Veci, avvistamenti poi ripetuti periodicamente da molti speleosub. Le Grotte di Oliero sono circondate anche da un bellissimo Parco Naturale ricco di piante secolari dove trova spazio un laghetto dalle acque fresche e cristalline. Il Sentiero Natura e gli altri percorsi offrono la possibilità di trascorrere una piacevole giornata a contatto con la natura.

Méta turistica di interesse nazionale gestita dal Valbrenta Team, le Grotte di Oliero sono un macroscopico e straordinario fenomeno carsico legato alle sorgenti dell’Oliero, il secondo fiume più corto d’Europa.
Il complesso turistico visitabile dal pubblico è composto da quattro grotte, che nella tradizione sono chiamate Covol dei Assassini (grotta degli Ezzelini), Covol dee Soree, Covol dei Veci (grotta Cecilia di Baone) e Covol dei Siori (grotta Parolini). La prima grotta è situata a 35 metri sopra il torrente, e il ritrovamento di alcuni utensili e le tracce di fortificazione – che ancora si osservano – hanno alimentato la leggenda che in epoca medievale qui si nascondessero dei banditi assoldati da Ezzelino da Romano, padrone nel passato di queste terre. La seconda è stata dedicata dallo stesso Parolini alle due figlie: Elisa, studiosa e colta, che andò in sposa all’alpinista e scienziato inglese John Ball, e Antonietta, che sposò il nobile bassanese Paolo Agostinelli e perpetuò la passione paterna per il giardino botanico di Bassano e le grotte. Dalla terza e dalla quarta – poste più in basso – sgorga l’Oliero. La terza, in particolare, appare come la più esotica e misteriosa, inaccessibile com’è dallo specchio d’acqua antistante. Non meraviglia che lo scrittore Alvise Zorzi abbia deciso di ambientare il romanzo Cecilia di Baone proprio in questa misteriosa cavità ricca di suggestioni, in cui Cecilia, la terza moglie di Ezzelino III, viene rapita dai Camposampiero. La quarta, infine, è quella visitabile, scoperta da Alberto Parolini nel 1822 e anche detta Grotta Parolini, la più affascinante e profonda, méta turistica, scientifica e sportiva. Lo speleosub Gigi Casati ne ha risalito il percorso subacqueo per oltre due chilometri, un vero record mondiale! Al di sopra delle grotte notiamo altissime pareti rocciose sulle quali si può ammirare un ricco campionario della flora rupestre, primo fra tutti in bellezza il Raponzolo di roccia, una campanulacea endemica delle alpi meridionali che sulle superfici lasciate libere dai ghiacciai ha trovato modo di sopravvivere al gelido Quaternario.

Covol dei Siori o Grotta Parolini
Scendendo attraverso il sentiero-natura, si giunge in una conca tra le due grotte principali, completamente circondata dalle freschissime acque sorgive ed immersa nel verde di piante secolari. Vicinissima si apre la bassa e larga imboccatura del Covol dei Siori o grotta Parolini, dal nome del suo scopritore che la esplorò nel 1822.

Scrive Ottone Brentari nella sua Guida storico-alpina di Bassano e dei Sette Comuni, 1885:

“Il nobile Alberto Parolini vedendo uscire tanta quantità d’acqua dalla montagna rocciosa, ideò potesse essere in questa un vasto lago. Animato dal suo naturale amore alla geologia, volle sincerarsi del sospetto, senza badare né a spese né a pericoli. Con mine aggrandì un po’ l’imboccatura, in modo da aprirsi un varco; e per questo penetrando primo cominciò le sue esplorazioni. Entrato sotto il monte trovò il lago; e fatto su questo una zattera, e vincendo le tenebre con torce, si avanzò sempre più. Nel 1822 cominciò la esplorazione della grotta, la quale, dopo praticativi i necessari lavori, fu aperta al pubblico nel 1832.”

La temperatura dell’aria all’interno della grotta è di 12 gradi, quella dell’acqua di quasi 9: tali valori si mantengono costanti in tutto l’arco dell’anno. La sorgente dell’Oliero ospita nelle sue acque un raro fossile vivente: il Proteo, un anfibio troglobio presente solo nelle cavità del Carso triestino e sloveno.

Il Parolini ne portò qui alcuni esemplari per verificare se esso potesse ambientarsi e svilupparsi anche nella sua grotta: perso di vista, non se ne seppe più nulla fino ad un avvistamento di alcuni speleosub nel 1964, segno evidente che l’esperimento era pienamente riuscito. Mentre le guide, aiutandosi con una fune che trascina la barca dentro e fuori dalla grotta, iniziano il viaggio, le rocce di questa sfiorano lo sguardo sgomento dei visitatori. La grotta passa letteralmente sopra le teste di tutti fino a giungere all’interno, dove le luci illuminano alcuni punti caratteristici.

Immersi in quest’atmosfera affascinante, si avverte lo scorrere dell’acqua da ogni lato e si possono osservare delle meravigliose sculture create dall’acqua. L’erosione, i millenni, il lavorio costante di una sola goccia fanno sì che la grotta di Oliero sia una galleria di capolavori. E i capolavori, qui sono stalattiti e stalagmiti. Alcune enormi, altre piccole, sottili, sinuose. Si presentano “morbide” alla vista, lucide. E’ affascinante e suggestivo pensare di assistere al lavoro “interno” del pianeta. Sembra di trovarsi in una della pagine dello scrittore Giulio Verne quando descrive il suo viaggio al centro della Terra. Dopo una navigazione breve, si arriva ad una sorta di porticciolo nella grotta da cui si percorrono pochi passi a piedi. Le forme delle concrezioni calcaree prendono vita, si animano e raccontano di sé. Spettacolare è la Sala della Colata con stalattiti alabastrine di quattordici metri discendono ad onde, si uniscono, si accavallano, infine si dividono, in un bizzarro sovrapporsi di forme e di colori.Vere e proprie colonne della grotta.

E, in una minuta nicchia, si trova il volto della strega. Si tratta di una conformazione rocciosa che assume l’aspetto di un profilo di donna dal naso aquilino, simile, appunto ad una strega. Si racconta che, anticamente, un uomo per liberarsi della moglie, la conduce qui per abbandonarla a se stessa. E, da allora, la giovane è diventata parte integrante della grotta.
Il viaggio prosegue nei cunicoli sotterranei, ma solo per gli speleologi che scrutano i segreti di questo luogo da cavità impervie e nei fondali del fiume.

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GEORGE SAND

In visita alle grotte di Oliero:

“L’ultima grotta è quella che meno delle altre attira l’attenzione dei curiosi, ma è invece la più bella. Essa non offre né ricordi drammatici né rarità mineralogiche; la sorgente, profonda sessanta piedi, è nascosta sotto una volta parentesi sul più bel giardino naturale della terra. Da ogni lato la racchiudono piccoli colli boscosi. Di fronte alla grotta, al termine di una prospettiva di fiori e verzure che parrebbero caduti sui fianchi del monte dal bouquet di una fata, si eleva gigante sublime, una roccia perpendicolare, resa simile dal tempo e dagli uragani ad una rocca recinta dalle sue torri e dai suoi bastioni. Questo magico castello, che si perde tra le nubi, corona il quadro fresco e grazioso del primo piano di una maestà selvaggia.
Contemplare dal fondo della grotta questo picco pauroso, seduti al bordo della sorgente con i piedi appoggiati su un tappeto di violette, tra il fresco sotterraneo dell’antro e l’aria calda che spira dalla valle, mi diede un benessere, una gioia che avrei voluto poter portare sempre con me”.

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